Giorno  3:  Figli  di  Dio

In ognuno di noi c’è una particella di Dio. Voi siete Suoi figli e la vostra vita è il sogno di Dio. Gestendo la realtà con la potenza della vostra intenzione, farete la Sua volontà. La vostra intenzione è l’intenzione di Dio. Come potreste dubitare che essa non venga realizzata? Per fare ciò dovrete solo prendervi questo diritto. Quando chiedete a Dio, è come se Dio chiedesse a se stesso. Potrebbe forse Dio chiedere a se stesso? Esiste forse qualcuno cui Dio potrebbe richiedere qualcosa per sé? Egli comunque si prende tutto ciò che vuole. Non chiedete, non esigete e non sollecitate. Formatevi da soli la vostra realtà con l’aiuto della vostra intenzione consapevole.

Nell’ultimo giorno della creazione, Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza” (Genesi 1:26). In questo modo completò la Sua opera con un “tocco personale”: diede vita alla sua creatura condividendo con lei il suo stesso respiro, in una immagine potentemente simbolica. Questa nuova creatura era infatti composta da una parte materiale (il corpo creato dall’argilla) e una parte “immateriale” (il rùakh).

Come sempre, da esploratrice dell’universo della parola mi soffermo un attimo su questo “respiro di Dio”.

In ebraico il “respiro” donato da Dio è definito dal termine sרוח (rùakh), che si traduce perlopiù con "vento” o più letteralmente “aria mossa” ed è una parola omomatopeica, perché nella sua pronuncia, imita appunto il fischiare del vento. Estendendo il suo significato indica qualcosa che, muovendosi, fa scaturire la vita.

Potremmo dire che è un moto-a, che crea e definisce lo svolgersi della realtà. Una forza imprevedibile che esprime non soltanto una forma materiale (biologica) ma anche la profondità dell’energia e della manifestazione interiore di questa “forma”.

In Ez 36:26 il “nuovo rùakh” promesso da Dio è il rùakh di Dio stesso: “Metterò dentro di voi il mio rùakh”. Essere a immagine e somiglianza di Dio significa quindi, semplificando al massimo, che siamo stati fatti per creare e definire lo svolgersi della realtà attraverso quel “respiro” interiore che ci è stato donato da Dio. Dio non si limita a “svegliare” il pupazzo di argilla con il suo soffio, ma dà forma all’interno dell’essere umano di un suo soffio proprio: “[Dio] forma il rùakh dell’uomo dentro di lui”. – Zc 12:1, rendendo il respiro dell’uomo uguale a quello di Dio.

Ma il rùakh  non ha il solo significato di soffio o vento, un altro significato importante in lingua ebraica è quello di “conoscenza, comprensione delle cose e giudizio inteso come valutazione”. Il rùakh donato da Dio padroneggia anche le forze della natura e in questo senso indica le energiche azioni della volontà. Forza e libertà della volontà umana che sono perciò analoghe all’azione dell’energia di Dio.

Le traduzioni comuni, che parlano di “spirito”, non esprimono sufficientemente la potenza di questo atto simbolico della creazione: un orientamento di vita, che parte dall’intimo dell’interiorità, e che si esprime nell’azione coerente dettata dalla volontà e che conduce ad una forma materiale (la forma pensiero).

L’uomo può conoscere e può scegliere. Questo è un riflesso dell’intelletto e della libertà di Dio. Ogniqualvolta “creiamo” in qualsiasi forma (scrivere, dipingere, godere della musica, dare il nome a un animale ecc.) stiamo dichiarando il fatto che siamo stati creati a “immagine e somiglianza di Dio”.

Ogniqualvolta facciamo libere scelte confermiamo il fatto che siamo stati creati alla stessa immagine di Dio.

Nel Transurfing il rùakh  viene espresso in modo molto intenso: “Dio crea la realtà e la gestisce attraverso l’intenzione di ogni creatura vivente. Insieme all’anima, Egli ha insufflato in ogni creatura vivente una parte della sua intenzione e l’ha mandata nel sogno, nella vita. Ad ogni essere vivente Dio ha donato la libertà e il potere di plasmare la propria realtà nella misura della sua consapevolezza.” Interiorizzare tutto questo dovrebbe riportare a noi stessi, “alla nostra capacità di essere a immagine e somiglianza di Dio”. Il divino non è qualcosa d’astratto, ma riconoscibile da chiunque voglia nella semplice quotidianità.

Per la mente, che separa per natura, non è facile comprendere questo paradosso divino, ma ognuno di noi è in grado di trascendere la mente, liberandosi dalle catene della razionalità. Quando? In quei momenti in cui siamo in grado di vivere senza analizzare o giudicare l’esperienza, e di sentirci benedetti nel momento in cui riusciamo ad ascoltare, come in una sinfonia, il fruscio delle stelle del mattino e riusciamo a “vedere il mondo in un granello di sabbia, e un paradiso in un fiore selvaggio, tenere nel palmo della mano l’infinito, e l’eternità in un’ora” (William Blake).

Questo è Transurfing.